Sappada, un’affascinante isola linguistica
Risalendo il Piave “controcorrente” abbiamo potuto ascoltare e conoscere i diversi dialetti che si succedono dalla laguna di Venezia, alla Marca trevigiana fino alle montagne del Cadore. Un variegato potpourri linguistico che mantiene comunque alcuni tratti comuni appartenenti alla lingua veneta.
Arrivati a Sappada, invece, durante la piacevole chiacchierata con la nostra guida locale Paolo Kratter, titolare della splendida Baita Ristorante Mondschein e del Golf Club Sappada, scopriamo quest’isola linguistica germanofona che si distacca completamente dal resto dei paesi incontrati durante il viaggio.
Questa bella località, infatti, trae origine attorno all’XI secolo quando alcune famiglie provenienti dalla vicina Austria decisero di stabilirsi in questa valle all’epoca disabitata. Con un’intensa opera di disboscamento e coltivazione le famiglie crearono un piccolo borgo con le tipiche case in legno e, durante il XV secolo, all’attività agricola e alla pastorizia si aggiunse il commercio di legname con la Repubblica di Venezia.
Dopo una breve dominazione francese, nel 1814 Sappada entra sotto il controllo austriaco e nel 1852 passa dalla provincia di Udine a quella di Belluno fino all’annessione all’Italia del 1866. Da segnalare anche che dopo l’ingresso nell’amministrazione bellunese, Sappada scelse di aderire alla Magnifica Comunità di Cadore, pur non essendo parte del territorio storico del Cadore.
Nel corso della Grande Guerra le montagne attorno a Sappada furono teatro di violenti scontri e, a causa del loro particolare dialetto, le popolazioni locali furono accusate di simpatie filo austriache e vennero disperse in Toscana, ad Arezzo sorse la sede provvisoria del Comune di Sappada, ma anche in Campania e Sicilia.
Il secondo conflitto mondiale vide in queste zone alcuni combattimenti tra partigiani e truppe tedesche, con alcuni sappadini deportati nei campi di concentramento come Dachau.
Alla fine della guerra la condizione di estrema povertà spinse molti abitanti ad emigrare nella vicina Germania e in Svizzera, fino all’avvento del turismo di massa degli anni Sessanta e Settanta che riportò progressivamente i sappadini a tornare nella loro valle per intraprendere le attività legate al terziario.
Conoscendo la storia delle sue origini si capisce perchè la parlata di Sappada (Plodn nel dialetto tedesco sappadino o plodarisch), è stata classificata come austriaco-bavarese o pustero-carinziana, definizioni che caratterizzano la matrice tedesca dell’isola linguistica alloglotta e i contatti avuti durante i secoli con la Pusteria, il Tirolo dell’Est e la Carinzia. Come le comunità consorelle di Sauris (Zahre) e Timau (Tischlbòng) nella vicina Carnia, Sappada si differenzia nettamente dal territorio circostante per le sue differenze linguistiche e culturali. Il dialetto sappadino può essere definito come una sopravvivenza del medio-alto tedesco: i primi abitanti della valle hanno portato con sé questa parlata, che si è conservata pressochè intatta fino al Novecento, subendo influenze lessicali dal ladino e dal tedesco. La grammatica sappadina rispecchia quella tedesca nelle costruzioni morfologiche e sintattiche, sebbene i parlanti abbiano apportato semplificazioni e uniformato eventuali eccezioni, appianando le difficoltà. In confronto alle parlate di altre isole linguistiche, nonostante gli influssi esterni, il sappadino risulta nettamente più fedele alla sua matrice germanica, fatto dovuto sicuramente all’isolamento di queste zone.
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